Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute

Ormai c’è un esercito di intolleranti a qualche cibo. Chi elimina i lieviti, chi i latticini, e via così. Vittime di test sulle intolleranze alimentari che si chiamano Dria, Vega, citotossico o Alcat. Questi pseudoesami servirebbero per scoprire la ridotta capacità dell’organismo di metabolizzare un cibo, con susseguenti gonfiori e malanni. Per individuare l’alimento incriminato, analizzano condizioni variabili: dalle non meglio precisate vibrazioni energetiche (Vega) alle alterazioni dei globuli bianchi (citotossico). Qual è il problema? Non ci sono studi scientifici a supporto di tali test. Non a caso, se ci si sottopone allo stesso esame più volte, si hanno risultati differenti. E, non a caso, una persona su due risulta intollerante a qualcosa. Eppure, sembra che 40 italiani su cento si sottopongano a uno di questi test non convenzionali. In barba ai costi, che si aggirano sui 200-300 euro a esame. È una moda. Tanto diffusa quanto insensata. Inseguita con la speranza di perdere una o due taglie odi allontanare un malessere. Va fatta chiarezza. Un alimento può scatenare intolleranza o allergia. Per la medicina ufficiale solo due persone su cento soffrono di intolleranze alimentari. Quelle reali sono dovute a difetti di produzione di enzimi digestivi (come la lattasi, che rende intolleranti al latte), diagnosticabi tramite i test sul respiro. Poi c’è l’intolleranza al glutine (malattia celiaca), che si accerta dosando nel siero gli anticorpi specifici. Nelle allergie, a scatenare la reazione è l’allergene contenuto nell’alimento: una proteina, che innesca la produzione sbagliata di anticorpi, creando un’infiammazione. Come si diagnosticano? A disposizione ci sono gli esami seri: dal prick test agli esami molecolari, che si effettuano dal medico specialista, l’allergologo.
(Donatella Macchia, responsabile del servizio per la diagnosi e il follow up di allergie e intolleranze alimentari al San Giovanni di Dio di Firenze e membro del direttivo nazionale Siaic (Società italiana di allergologia e immunologia clinica) (Tratto da Ok la salute prima di tutto n°6/2011)